Di Tommaso Capecchi
Londra si prende la compagna
Ci dovevo andare per incontrare Bridget Baker e festeggiare il compleanno di una persona.
Bridget Baker, questo è il sito: conoscere persone come lei aumenta la fiducia nell’intelligenza dell’umanità. Il rischio più grande che un uomo può correre prima dell’amore.
Ci torno sempre volentieri a Londra; è la moltitudine attrattiva per uno che viene dalla provincia toscana come me. Quella provincia bonfonchiosa, persa in un passato di cui non capisce il senso e intasata socialmente da apparati di potere che sanciscono sempre più frequentemente la loro incapacità al governare, scegliendo e preferendo una ridicola quanto pericolosa vocazione al comando. Ed io in quei giorni ho perso la compagna, quella degli appunti visivi, degli istanti che non si conoscono. La macchinetta fotografica digitale è importante, anche per incontrare lo spazio dove dormiamo solitamente. Silvano Agosti la usa per conoscere il proprio corpo.
Ma ricordo bene gli appunti, almeno quelli più salienti. I temi erano tre, di cui due molto affini: la ballata rap alla National Gallery, una ragazza in bicicletta, un giocoliere alla Tate Modern.
A Trafalgar Square picchiettava un sole e lo avrebbe fatto per le 48 ore successive.
I rapper si erano messi alle spalle la scalinata che porta a uno degli Olimpi della pittura. Lo stereo ripeteva danza kuduro e i ragazzi dimenavano la loro voce prima dei loro corpi. Sembravano parlare della società dello spettacolo e di quello che ne avanza. I sacri margini di chi il patto col Mefistofele lo fa per conto proprio e con la sua lingua.
La ragazza in bicicletta sembrava che in questo mondo non avesse niente a che vedere e a che fare. L’interazione dei suo movimenti con i traffici attigui non producevano incontri. Movimenti gradevoli; le guardavo i capelli. Non so perché me la ricordo così bene. Era sempre davanti a me, sembrava un ausiliare del traffico. Non so come a Londra si chiamino gli ausiliari del traffico.
Il giocoliere alla Tate Modern aveva delimitato lo spazio con dei panni di sua proprietà. Magari poche ore prima appartenevano a qualcun altro o ad uno spazio diverso. Aveva un volto bellissimo; dimostrava sofferenza costante dietro all’epidermide, una sofferenza faticosa ma che aveva saputo gestire, curare e dosare in un tempo dilatato quasi quanto una vita intera. Quell’intimo paesaggio che mostrava nascondendosi dietro alle acrobazie di una giocoleria anche un po’ naif, mi incuriosiva quanto l’inizio della vita sulla Terra. La impariamo da piccoli, ma poi non ce ne parlano più. Almeno che …
Ho passato parte di quei giorni a vedere una mostra sulle rovine. Il curatore di quella mostra ha detto che le rovine di questa contemporaneità sono ormai diventate linfa delle nostre vite. Ma per capire bene questa frase, bisognerebbe conoscere cosa s’intende per rovina; concetto duttile, che cambia a seconda dei tempi e spesso soggetto all’interpretazione dell’ambiente. Spesso la semantica la detta l’ambiente. Quindi, il significato. Che rimane isolato rispetto agli altri ambienti. C’è da starci attenti, al concetto di rovina. Come a quello d’ambiente.
Ho scritto che c’erano due temi affini: la ballata rap e il giocoliere. Sono affini perché non vi ho trovati segni d’ambivalenza nella relazione con le cose, con l’esistere in un mondo e in una vita. Anche nella ragazza in bicicletta non vi ho trovato segni d’ambivalenza. Avendo perso la macchinetta fotografica non posso continuare a lungo.