Il ragazzo dell’albergo si trascina per il pianerottolo d’ingresso: ha una vistosa fasciatura sul piede con una macchia di sangue che denota un principio di cancrena.
C’è sabbia ovunque, polvere e smog, fumo.
Dal tetto del palazzo si vedono: una signora anziana che spazza il pavimento del suo terrazzo, una coppia che gioca con un bambino, una donna che stende un neonato su un lenzuolo, lo copre, prende dell’olio di mandorle e inizia a fargli un massaggio mentre il bimbo piange. Poi lo ricopre e lo asciuga. Tutto intorno si sentono galli cantare e il rumore degli uomini che tirano su per scatarrare in terra. Se si guarda in alto, oltre la coltre di grigio, si vedono le montagne della follia.
Un sadhu è rimasto sul tempio per ventidue anni in cima a una collina. La gente va a trovarlo e si fumano i pucciotti insieme.
Più in basso, le guardie girano con bastoni di bambù al posto dei manganelli. Un murales di Mao è stato cancellato, mentre la società si prepara a uno sciopero. Un tizio litiga con un altro che pedala su un tuc-tuc, gli alza la ruota davanti della bici e la fa ricadere a terra con lui ancora in sella. Una cinese ubriaca sbocca per strada alle otto e mezza di sera, il suo squallido accompagnatore la spinge su un taxi cercando di farla smettere. Quando sale l’autista apre il finestrino e la cinese si sporge per sboccare nuovamente sulla strada.
Una porta chiusa e una finestra aperta.